La “Grande Via”

 

LA ‘GRANDE VIA’

La Shari’a può essere definita come l’exoterismo dell’Islam, secondo il significato che abbiamo attribuito a questo termine nel paragrafo dedicato.

In quanto exoterismo la Shari’a è dunque quella ‘via larga’ rivolta a tutti e che tutti i musulmani devono seguire. La sua funzione è quella di regolare la vita individuale e sociale di tutti i fedeli, ed il suo scopo ultimo è la ‘salvezza dell’anima’ dei credenti.

La Shari’a si può considerare secondo due aspetti, che sinteticamente potremo definire come ‘cose in cui credere’ e ‘cose da fare’, prendendo in senso molto lato i due verbi.

Le ‘cose in cui credere’ (ma che per tutti i muslimin diverranno certezze ed evidenze immediate) costituiscono i fondamenti della fede e sono:

  • La fede in Allah Subhana Wa Ta ‘ala
  • Nei Suoi Angeli, Wa Salamun
  • Nei Suoi Libri
  • Nei Suoi Messaggeri, Wa Salamun
  • Nell’Ultimo Giorno
  • Nel Destino

Tali fondamenti del credo si desumono direttamente dal Santo Profeta, Sallallaho Alaihi Wa ‘Alii Wa Barik Wa Sallam, in risposta alla famosa domanda posta dall’Arcangelo Jibrail (Gabriele), Alaihi wa Salam, su cosa fosse la fede, rispose:

 

“(La fede è) Credere in Allah, nei Suoi Angeli, nei Suoi libri, nei Suoi messaggeri, nell’Ultimo Giorno e nel Destino, buono o cattivo che sia”.

 

Come si può vedere dalla sequenza in cui sono posti i punti del credo, il vertice della ‘fede’ è costituito da Allah stesso come Principio Unico ed Assoluto che contiene insieme Essere e Sovra-Essere dal quale ‘discendono’ poi all’interno della manifestazione universale i vari ‘stati dell’Essere’, simboleggiati in prima istanza dagli angeli (in relazione al grado di prossimità perché anche fra gli angeli esiste una gerarchia), poi dai Suoi Libri (da intendere come altrettante Rivelazioni, ovvero adattamenti della sapienza eterna-increata, indirizzati tramite i profeti agli uomini); i Suoi Messaggeri, ovvero quei ricettacoli perfetti sui quali discende la rivelazione e che hanno la funzione di trasferirla e comunicarla a un determinato popolo o a tutti gli uomini.

L’Ultimo Giorno indica il ‘Giorno del Giudizio’: in una ottica puramente metafisica rimanda al ‘riassorbimento’ della manifestazione nel Suo Principio, cosa tuttavia che l’iniziato è chiamato già a compiere – sub specie interioritatis – coscientemente in questa vita; del resto il simbolo della bilancia associato all’Ultimo Giorno ricorda agli uomini la Legge Universale e l’attributo della Giustizia Divina nonché lo stato di perfetto equilibrio ed indistinzione del Principio.

 

Quanto al destino (al-Qadr) esso è determinato da Allah Subhana Wa Ta ‘ala, ed il credente deve fare affidamento (tawakkul) in Allah Subhana Wa Ta ‘ala che conosce la determinazione e l’inclinazione di ogni anima sin dal principio della creazione.

 

Per quanto riguarda quelle che abbiamo definito come  ‘cose da fare’, esse sono regolate dai cosiddetti cinque Pilastri dell’Islam che sono: la Shahada; la Salat, la Zaqat, il digiuno (Sawm) nel mese Sacro di Ramadan e l’Hajj, cioè il pellegrinaggio alla Kaaba (costruita da Seyduna Ibrahim Alahi wa Salam, presso la Mecca) una volta nella vita per coloro che ne hanno la possibilità.

 

La Shahada, o Attestazione di fede, costituisce il primo atto con cui l’uomo accetta l’Islam, ed è costituita dalla doppia testimonianza La ilaha illa Allah, Muhammad Rasul Allah (Non esiste altra divinità se non Allah, Muhammad è l’Inviato di Allah).

La prima formula la ilaha illa Allah è una perfetta sintesi del Tawhid (Dottrina dell’Unità) che permea l’intera Tradizione Islamica. Essa offre diversi livelli di  penetrazione intellettuale in relazione al grado di comprensione di ogni essere: se per il credente tale formula ricorda che l’Unica divinità da adorare è Allah Subhana Wa Ta ‘ala, e dunque Egli non ha associati nel culto (wahdahu la sharika llahu), per coloro i quali si pongono da un punto di vista iniziatico ed esoterico (dunque metafisico) la Shahada riveste un ulteriore profondità di senso. Dire la ilaha illa Allah significa in questa accezione affermare l’Unicità del Principio Divino posta al di fuori di ogni dualità, in quanto equivale ad affermare che ‘non esiste realtà se non la Realtà’ (Al-Haqq è infatti uno dei 99 nomi più belli di Allah Subhana Wa Ta ‘ala). Proprio per questo è Allah stesso ad affermare la Sua Unicità, ed il Servo è il mezzo attraverso cui Allah manifesta le Sue possibilità onnicomprensive.

La prima negazione (annafi) espressa dalla particella la esclude infatti l’esistenza di ‘altro al di fuori di Lui’ (Huwa); il termine ilaha, in questa prima parte, rimanda all’esistenza illusoria del ‘creato’, da non scambiare per ‘altra divinità’; nella seconda parte relativa all’affermazione (ithbat) la particella illa (che si traduce con: “se non”) costituisce il ponte, il barzak (l’istmo) fra la ‘non-esistenza’ del relativo (inteso come ‘separato’ dal principio), quindi di ciò che è altro da Lui, e l’Assoluto, Allah stesso come Unico ‘esistente’ (se usiamo in questo caso impropriamente il termine ‘esistente’ attribuendolo ad Allah, è solo per l’insufficienza del linguaggio umano, essendo Allah al di sopra dell’Essere e del Non-essere). A questa verità alludono i versetti (ayaht) coranici che recitano “tutto passa eccetto il Suo Volto” (Quran Karim, Sura ar Rahman 26-27) (volto significa ‘essenza’), e “ovunque vi volgiate ivi è il Volto del Signore” (Quran Karim, Sura al Baqara 115).  Se il primo ayah pone l’accento sull’illusorietà della manifestazione intesa come separata dal Principio, il secondo ayah reintegra il relativo nell’Assoluto – se così ci si può esprimere – mostrando che la manifestazione non è altro che uno ‘specchio’ in cui il Principio proietta le Sue possibilità di manifestazione secondo il noto hadit qudsi (detto profetico nel quale Allah stesso parla per bocca del Profeta Sallallaho Alaihi wa Ala ‘Alii wa Barik Wa Sallam) “Ero un tesoro nascosto ed ho voluto essere conosciuto, per questo ho creato il mondo”.

La seconda parte della testimonianza di fede, Muhammadun Rasul Allah, restituisce alla manifestazione (o ‘creazione’ in termini exoterici) il suo grado di esistenza relativo o ‘non-inesistenza’. Infatti è proprio il Profeta Sallallaho Alaihi Wa ‘Alii Wa Sallam ha costituire il barzak, l’istmo supremo che ‘riunisce’ nella Sua funzione di Inviato (Rasul)  l’aspetto manifestato, simboleggiato dal nome umano Muhammad, al Principio Unico (Allah). Potremmo dire che la seconda Shahada si riferisce all’Unità sotto il punto di vista inclusivo e di identità, ponendo l’accento sull’Unione. e sulla eminente funzione rivestita dal Profeta Sallallaho Alaihi Wa ‘Alii Wa Barik Wa Sallam come ‘mediatore’ e come simbolo stesso dell’Identità Suprema. Si comprende dunque l’importanza della eminente funzione rivestita dal Profeta Sallallaho Alaihi Wa ‘Alii Wa Barik Wa Sallam come ‘mediatore’ e come simbolo stesso dell’Identità Suprema. Inoltre ciò spiega la centralità che riveste all’interno delle turuq  la Salat ala an-Naby (Darood Sharif) come strumento realizzativo ed iniziatico insieme al Dhikr (il Ricordo di Allah Subhana Wa Ta ‘ala).

 

Il secondo Pilastro è la ‘preghiera rituale’, as-salat che sarebbe meglio definire ‘orazione rituale’ in quanto il termine ‘preghiera’ potrebbe far pensare ad una semplice richiesta di ordine personale che il credente rivolge al suo Signore (questo invece è il caso del Dua’, l’invocazione e la richiesta che può essere fatta al termine della orazione rituale). La salat corrisponde all’atto di culto per eccellenza e sono numerosi gli ahadith profetici che ne sottolineano la centralità. In questa sede ci basta ricordare che la salat costituisce quel legame costante fra Servo e Signore che trasposto in termini metafisici indica la ‘sottomissione’ della Manifestazione al Principio, ad Allah Subhana Wa Ta ‘ala.

 

Il digiuno durante il Mese Sacro di Ramadan, che consiste legalmente nell’astenersi da cibo, bevande e sesso dall’alba al tramonto, esprime l’attitudine alla rinuncia del desiderio e potenzia la virtù della pazienza (as-Sabr). Da un punto di vista strettamente ‘verticale’ oltre a riferirsi alla rinuncia al proprio ‘ego’ e agli appetiti della nafs (anima individuale tendente alle passioni) il digiuno attualizza a suo modo il nome divino As-Samad (“l’Autosufficiente”, “Colui che non necessita d’altro da Se”). Il digiuno del santo mese di Ramadan permette il confronto unico e diretto con la nafs liberata per decreto Divino della presenza dello Shaytan-rajeem e dei suoi sussuri (waswasa) secondo l’ hadith trasmesso da Muslim: “Quando arriva il mese di Ramadan le porte del Paradiso sono spalancate, le porte dell’Inferno sono chiuse e gli shayatin sono incatenati”.

 

La Zaqat o elemosina rituale, che consiste nel donare parte dei propri beni e guadagni ai più poveri e bisognosi, esprime il distacco dalle cose e – in maniera trasposta – dal mondo intero, per volgersi solo verso Allah Subhana Wa Ta ‘ala. Essa può essere considerata operativamente come una vera e propria ‘purificazione’ dal mondo e dalla vita terrena (dunya).

 

Il Pellegrinaggio, al-Hajj, alla Sacra Casa (Kaaba) in Makkah Mukarrama da farsi almeno una volta nella vita se si dispone di mezzi e salute sufficiente, esprime in maniera simbolica ma non per questo meno reale, il ritorno al Centro del Mondo: un ritorno alla parte più profonda del proprio Cuore e simboleggia dunque il riassorbimento della Manifestazione nel proprio Principio Divino da cui discende e da cui non è mai uscita se non in maniera meramente illusoria.

 

Infine è da citare un ‘pilastro’ aggiuntivo spesso incompreso e strumentalizzato sia dagli occidentali che dal fanatismo religioso (che nulla ha a che vedere con la vera religione ed il vero Islam): ci riferiamo al Jihad, tradotto come ‘Guerra Santa’, ma che meglio sarebbe definire ‘sforzo’ o ‘combattimento spirituale’. Ricordiamo a tale proposito il noto detto profetico secondo il quale il Profeta Sallallaho Alaihi Wa Ala ‘Alii Wa Barik Wa Sallam tornando da un combattimento disse: “siamo tornati dalla piccola guerra santa (ashgar) alla grande guerra santa’ (akbar)”,  ovvero la guerra contro le passioni della nafs e contro le sue tendenze dissolutive opposte alle qualità unitive. Sotto questo riguardo il vero jihad inizia col patto iniziatico con cui il murid riceve dal proprio Pir (Maestro) le ‘armi spirituali’ per intraprendere la lotta contro la propria nafs, decentrata e decaduta, attraverso gli Awrad e lo Dhikr e le pratiche rituali super-erogatorie.